Montecchio sorge su una delle numerose alture che disegnano lo splendido e vasto ambiente immerso nella fertile vallata del fiume Tevere, dominato dall’imponente vetta del Monte Croce di Serra. Il suo territorio offre enormi opportunità di visita legate all’arte e alla storia, uno scenario impreziosito dalle pregiate risorse enogastronomiche e...
Montecchio sorge su una delle numerose alture che disegnano lo splendido e vasto ambiente immerso nella fertile vallata del fiume Tevere, dominato dall’imponente vetta del Monte Croce di Serra. Il suo territorio offre enormi opportunità di visita legate all’arte e alla storia, uno scenario impreziosito dalle pregiate risorse enogastronomiche e dai numerosi tours naturalistici, unici nel loro genere, che attraversano i suoi meravigliosi paesaggi, un viaggio alla scoperta di sensazioni primordiali e miraggi mitologici, tra rovine, boschi e promontori dai nomi più stravaganti, che evocano un antico passato ancora tutto da esplorare.
Custode delle sue antiche caratteristiche architettoniche di borgo medievale, il Castrum Monticulis, così come viene ricordato nelle fonti scritte del XII e XIII secolo, risalta ancora il suo aspetto primitivo e scenografico fatto di scorci incantevoli, un dedalo di vicoli e strette stradine che si inerpicano tra le antiche abitazioni, circondate dalle poderose mura di cinta con imponenti torri di guardia, dove rimangono ancora scolpiti i segni indelebili della sua storia fatta di continue conquiste e di personaggi famosi che durante i secoli si sono recati in questi luoghi, lasciando a future memorie le tracce del loro passaggio.
Le sue radici affondano in un passato ancor più lontano, dove a raccontarlo rimangono le affascinanti rovine di una vasta area sepolcrale appartenuta agli antichi popoli degli Umbri e degli Etruschi che occuparono questo territorio cinquecento anni prima di Cristo:
“…sopra un suolo nella massima parte coperto da foltissimi boschi di elci, bosso e fittissime ginepraie emergono indizi di antichissimi fabbricati, tombe sparse e vastissime necropoli, segno della vastità della popolazione di quella immensa città dalla grandezza maravigliosa..” Con queste parole l’archeologo Domenico Golini, nel 1855, definisce la necropoli del Vallone di San Lorenzo dopo una sua prima perlustrazione in queste zone, attirato in quei luoghi da pregiatissimi oggetti che erano stati rinvenuti in maniera fortuita.
Da quel momento comincia la scoperta della vasta area archeologica di cui oggi è possibile ammirare numerose sepolture messe in luce dalle puntuali ricerche della Soprintendenza e durate fino alla fine degli anni Novanta del Novecento. Ne emerge un quadro complesso di rapporti commerciali e culturali in questa parte della regione, compresa fra l’area etrusca e quella umbra, non lontana dai ben noti centri di Orvieto, Todi e Amelia, di cui il nodo principale risultava essere proprio Montecchio, un importante centro umbro, fortemente etruschizzato dall’età di Porsenna, tra il tardo VI e il V sec. a.C., periodo in cui si riscontra un uso più generalizzato delle tombe a camera scavate direttamente nella roccia naturale, come quelle ritrovate lungo il Fosso di San Lorenzo, e occupato da diversi complessi abitativi organizzati secondo un modello abbastanza diffuso di tipo paganico-vicanico.
I materiali recuperati nelle sepolture non del tutto depredate, collocano la necropoli entro un arco cronologico che va dalla fine del VII sec. a.C. fino al IV-III sec. a.C. La tipologia degli oggetti appare di assoluta qualità e denota un prestigio sociale caratterizzato da elevate disponibilità economiche e culturali. Risulta interessante la composizione dei corredi, che nella fase più antica sembra caratterizzato dalla presenza di materiale strettamente legato con l’area falisco-capenate, costituito da una ceramica di impasto decorata con costolature o motivi a rilievo propri di quelle aree. È nel corso del VI sec.a.C. che la necropoli sembra trovarsi sotto l’influenza dominante di Orvieto che realizza in questo senso una sorta di avamposto nel territorio umbro per lo sviluppo, non solo delle attività agricole, ma anche della produzione artigianale e dei traffici con l’interno.
È possibile collocare proprio nel territorio di Montecchio un importante punto di partenza di quelle rotte commerciali che portano alla diffusione dei prodotti etruschi, soprattutto orvietani, verso la romagna, tramite altri centri come Colfioriorito e il territorio plestino situato sull’altipiano dell’Appennino umbro-marchigiano, testa di ponte per i commerci verso l’area picena e adriatica. La decadenza dell’area comincia inesorabile nel corso del V sec. a.C., forse collegata alla forte espansione di Todi-Tuder, che nella seconda parte del secolo, o forse più probabilmente da quello successivo, si sostituisce ad Orvieto e diventa il principale mediatore dei mercati diretti verso l’entroterra; in questa fase si assiste alla fase di decrescita del sito, intensificata nel IV sec. a.C., e culminante, almeno allo stato attuale delle ricerche, con il totale abbandono dell’area.
Le sepolture, scavate direttamente nel banco geologico, erano caratterizzate da un breve dromos antistante, realizzato a cielo aperto, che giungeva fino alla porta di ingresso sigillata da un grande lastrone in travertino; l’interno della struttura poteva essere provvista di camere singole o doppie coassiali, munite di banchine laterali e di fondo, in cui il primo ambiente era utilizzato per la deposizione dei defunti, mentre il secondo, più piccolo, destinato soprattutto agli oggetti che componevano il corredo funerario.
Particolarmente interessanti sono i soffitti della struttura, principalmente displuviati, che talvolta riproducono a risparmio l’intelaiatura lignea dei tetti delle abitazioni.
In alcuni casi, erano presenti all’esterno delle camere principali o in corrispondenza degli ingressi, alcune sepolture a fossa destinate esclusivamente alla sepoltura dei bambini; l’esempio meglio conservato è documentato oggi presso l’antiquarium comunale, in cui è esposto il ricco corredo costituito da numerosi oggetti miniaturizzati.
Nel 2017, grazie ad un accordo tra l’Amministrazione Comunale e l’Università degli Studi di Perugia, sono iniziate le nuove indagini che hanno portato a sensazionali scoperte, grazie al ritrovamento di una nuova area sepolcrale, ancora sconosciuta, che amplia ancor di più i confini della già estesa necropoli; dallo scavo archeologico è emersa una nuova tomba a camera, ancora intatta, straordinariamente ricca, come testimoniano gli oggetti ritrovati al suo interno. Si accedeva alla sepoltura attraverso una porta chiusa con una pesante lastra, era munita di due camere e apparteneva a due individui, un adulto e una giovane donna, deposti in posizione distesa nelle banchine laterali presenti nella prima camera. Rimangono conservati preziosi monili indossati dai defunti al momento della loro deposizione e altri strumenti in metallo ritrovati nelle loro vicinanze. La seconda stanza era destinata alla deposizione della maggior parte del corredo, posizionato sulle banchine laterali e di fondo, e costituito da decine di raffinate ceramiche, kantharoi, oinochoai, kylikes, e altre forme vascolari, prodotte principalmente in Grecia e nelle officine del vicino e importante centro etrusco di Velzna-Orvieto, acquistate dai ricchi proprietari esclusivamente per essere deposti nella tomba. Lo straordinario ritrovamento non è passato inosservato, sono stati immediatamente reperiti i fondi per il restauro degli oggetti che verranno presto riportati al loro antico splendore ed esposti nel suggestivo Antiquarium Comunale di Tenaglie.