L’arte ceramica di Castelli ha origini antichissime, è documentata infatti sin dal Medioevo. Un ruolo importante per la diffusione di quest’arte pare l’abbiano avuto i Benedettini, insediatisi intorno all’anno Mille nell’abbazia di San Salvatore. Furono la buona fattura delle maioliche, le decorazioni vivaci, ma anche l’economicità dei prodotti, dovuta a innovativi sistemi produttivi, che fecero di Castelli uno dei centri più apprezzati per quest’arte, soprattutto nel Seicento.
La produzione di Castelli, che divenne famosa e importante per opera di ceramisti appartenenti alla famiglia Pompei, in particolare di Orazio, si affrancò via via dai modelli umbri cui si ispirava, imponendo poi – tra metà Seicento e fine Settecento – lo stile di pittura “istoriato castellano”, portato al massimo splendore dai maestri appartenuti alle famiglie dei Grue, dei Gentili, dei Cappelletti e dei Fuina.
La famiglia Grue fu quella che si distinse maggiormente tra le botteghe, diventando maestra e modello da seguire. I capostipiti della famiglia furono Marco e Domenico, i loro figli Antonio e Giovanni diedero vita a due rami di artisti. Innovatore dell’arte fu Francesco Angelo, figlio di Antonio, nato nel 1618, che seppe unire sincreticamente l’arte ceramista fiorentina e quella nascente abruzzese, soprattutto per il campionario di figure sacre per le scene dell’istoriario. La produzione di Francesco si evolse nel corso della sua carriera artistica: dalla produzione iniziale di figure fredde, schematiche e dure, dove dominavano il colore giallo e l’azzurro fino all’uso delle fonti incisorie riportate a spolvero, utilizzate più liberamente, cambiando la cromatura al bruno manganese e verde rame, raggiungendo un notevole effetto chiaroscurale.