Il Museo MAP – Museo delle Armi bianche e delle Pergamene ospita tre sezioni espositive nelle sale affrescate di Palazzo Milesi (XV secolo), allestite secondo nuovi criteri estetici e didattici.
La collezione privata di armi bianche originali, datate tra il sec. XV e il sec. XVII, comprende alabarde, spade...
Il Museo MAP – Museo delle Armi bianche e delle Pergamene ospita tre sezioni espositive nelle sale affrescate di Palazzo Milesi (XV secolo), allestite secondo nuovi criteri estetici e didattici.
La collezione privata di armi bianche originali, datate tra il sec. XV e il sec. XVII, comprende alabarde, spade da fante, spade a tazza, strisce e pugnali, coltelle con i punzoni delle famiglie degli spadai gromesi Scacchi, Zucchini, Ginami e Aqulina nonché un “quadrono” in ghisa, “vergelle” e incudini da fabbro dei sec. XVII e XVIII.
La sezione delle pergamene si compone di documenti e testi antichi estratti sia dal Fondo “Donazione Valerio Milesi” (1323-1800), di grande interesse per la ricostruzione storica dell’attività della lavorazione del ferro a Gromo nei secoli XV e XVI, sia dall’Archivio Comunale ricco di fonti archivistiche riguardanti controversie, passaggi di proprietà, donazioni, investiture, sentenze e deliberazioni dal secolo XI al secolo XX.
I recenti restauri del Palazzo Comunale hanno rimesso in luce frammenti di affreschi cinquecenteschi che rappresentano il mercato delle armi: personaggi in antiche vesti si scambiano alabarde e spade in un’atmosfera dai tenui colori pastello. Il ciclo di affreschi si trova nella “Sala delle Armi” ed è collocabile in quel filone pittorico degli inizi del secolo XVI: è un “unicum” per il soggetto rappresentato che richiama i commerci a lungo raggio che resero ricchi il Comune e i suoi mercanti.
Il ciclo inizia con alcuni mercanti che esaminano le lame: ciò testimonia visivamente quanto riportato nei contratti notarili tra mercanti e spadai, dove questi ultimi si impegnavano a fornire lame che rispettassero precisi standard qualitativi distinguendo tra reffudi – lame difettose perché, ad esempio, sfogliose – e lame belle nette et amolade. I mercanti qui ritratti, con diverse tipologie di lame, sono intenti a valutarne la qualità: piegano una lama con il piede, fanno correre il dito sul filo, guardano la costa di un roncone per valutare eventuali piegature da tempra sbagliata, soppesano due alabarde.
Nel fregio a grottesca, in tonalità bruna e ocra, che corre alla sommità delle pareti e ne conclude la decorazione, è rappresentata la lavorazione del ferro nella fucina e alcune creature fantastiche, dall’aspetto di fauni, che scelgono e valutano le lame poste su un banco, imitando i gesti delle figure maggiori sottostanti.
Si passa poi al “Pagamento delle Armi”: è qui riprodotto un affresco ormai perduto, ma salvatosi nella copia fatta a grandezza naturale nel 1908 da Augusto De Marchi, docente dell’Accademia Brera di Milano, prima che Valerio Milesi, proprietario del palazzo, pensò di intonacare le pareti visto il deperimento degli affreschi per la perdita del colore. Raffigura il momento in cui i mercanti, giunti a Gromo da terre lontane, pagano con sacchetti di denaro la preziosa merce, lame di spada e armi in asta, davanti a quello che pare un notaio o un funzionario comunale. Lo stemma di una zucca, unico sopravvissuto di una serie di altri presenti nella fascia superiore, richiama il cognome dei noti spadai “Zuchini” o “Zuchinali” e si lega anche a quel ramo della famiglia poi soprannominato “Ginami”.
Segue il “Moro con la lama storta”: è la figura più interessante, riprodotta a grandezza naturale perché
anch’essa rovinata dalle picchettature per l’aggrappo dell’intonaco. Sembra testimoniare il lungo raggio dei commerci del piccolo comune. È un uomo con turbante che guarda il dorso di una lama da storta che è incredibilmente simile a quelle ben note vendute dai mercanti bresciani e bergamaschi ai pirati barbareschi e che oggi troviamo montate sulle antiche nimke marocchine. Lo stesso soggetto sarà poi in fila con gli altri nel momento del pagamento.
Infine il “Garzone” è la più bella delle figure superstiti, con i tratti giovanili, le brache lacere sulle ginocchia, la traversa in grembo e un fascio di lame sulla spalla. Nella sua figura è possibile riconoscere l’apprendista spadaio impiegato nel trasporto di prodotti, pronti per essere consegnati nelle mani del committente o il servo di un padrone che trasporta il materiale acquistato.
Il 15 Aprile 2017 è stato inaugurato un nuovo spazio espositivo dedicato alla mineralogia e ai minerali presenti sul territorio necessari alla lavorazione delle armi bianche: uno spazio che collega la storia delle miniere alla forgiatura delle armi, fino ai contratti di vendita esposti nelle diverse teche.