Nella parte più meridionale del borgo di Furore sorge la chiesa di Sant’Elia profeta, costruita negli anni intorno al 1300, poi rimodernata nel 1474 e in epoca barocca. L'interno dell'edificio è costituito da una singolare successione di spazi in asse tra loro: la sacrestia, una navata trasversale intermedia, tripartita, la...
Nella parte più meridionale del borgo di Furore sorge la chiesa di Sant’Elia profeta, costruita negli anni intorno al 1300, poi rimodernata nel 1474 e in epoca barocca. L’interno dell’edificio è costituito da una singolare successione di spazi in asse tra loro: la sacrestia, una navata trasversale intermedia, tripartita, la navata unica della chiesa, a sviluppo longitudinale e suddivisa in tre campate coperte a volta a crociera, e, infine, la campata terminale, coperta da cupola ribassata, ospitante il presbiterio. Mancano transetto e abside. L’interno della chiesa è ornato da decorazioni di gusto barocco sobrie ed eleganti, composte da delicate cornici e fregi floreali, che sottolineano le varie membrature architettoniche. Nel presbiterio e nelle cappelle laterali sono presenti altari marmorei sormontati da edicole decorate con motivi vari in stucco.
Fra le opere più pregiate dell’edificio sacro vi è il trittico ligneo con la raffigurazione della Madonna con Bambino in trono con ai lati Sant’Elia profeta e San Bartolomeo. Il tratto sicuro ed incisivo, così come la limpidezza della materia pittorica e la finezza del segno, delineano la mano di un pittore di notevole livello artistico: Angelo Antonello da Capua, pittore operante in un periodo di profonde trasformazioni artistiche. Il trittico di Furore, infatti, pervaso da un luminoso plasticismo, da un fulgido cromatismo ed una preziosa eleganza, è un raffinato esempio di produzione artistica rinascimentale di ambito culturale napoletano, datato 1479. La scelta dei colori e delle dorature, la minuzia della descrizione dei particolari delle pieghe delle vesti dei due santi e la connotazione fisionomica delle figure sacre, la raffinatezza della decorazione del manto e delle bordure della veste della Vergine, la purezza dell’ovale del volto, il velo acconciato a pieghe sui capelli di Maria, appartengono al linguaggio dell’arte catalana, giunta a Napoli nella seconda metà del Quattrocento con la dominazione Aragonese.