La chiesa parrocchiale di Villalago, oggi intitolata alla Madonna di Loreto, è un edificio medievale che ha
subito nel corso dei secoli vari rimaneggiamenti a causa dei terremoti e dei cambiamenti del gusto.
All’esterno la facciata è caratterizzata da un portale in pietra dei primi del Trecento, nella cui lunetta è
dipinta un’immagine moderna del patrono del paese, S. Domenico Abate, meglio noto come S.
Domenico di Foligno, di Sora o di Cocullo, monaco benedettino ed eremita itinerante che agli inizi dell’XI
secolo visse per molti anni in queste zone fondandovi il monastero di S. Pietro del Lago, poi donato nel
1069 insieme con l’eremo di Prato Cardoso, oggi di S. Domenico, all’abbazia di Montecassino dai
discendenti dei conti di Valva che ne avevano patrocinato circa sessant’anni prima la fondazione. Ma è
all’interno che si trovano le opere d’arte più interessanti: un prezioso reliquiario quattrocentesco in
argento a forma di tempietto gotico contenente il dente molare di S. Domenico Abate e il bel quadro della
Madonna del Rosario, collocato sul primo altare a sinistra per chi entra nella chiesa.
Nel dipinto, eseguito ad olio su tela, campeggia al centro la Madonna in trono col Bambino, con
S. Domenico di Guzman e S. Caterina da Siena inginocchiati ai loro piedi insieme a vari personaggi
dell’epoca, mentre tutt’attorno sono raffigurati entro riquadri i quindici Misteri del Rosario. La tela reca la
data 1581 ed appartiene a quel nutrito gruppo di opere di analogo soggetto che incontrò una
straordinaria diffusione quando il papa Pio V attribuì all’intervento miracoloso della Madonna del Rosario
la vittoria della flotta cristiana su quella turca nella grande battaglia navale che si combattè nelle acque di
Lepanto, in Grecia, il 7 ottobre del 1571. Anche la piccola comunità villalaghese, a dieci anni di distanza
dalla memorabile battaglia che fermò l’avanzata ottomana verso occidente, volle rendere omaggio alla
Vergine del Rosario dedicandole un quadro nella chiesa parrocchiale.
Oltre che per la data, il dipinto si caratterizza per la presenza, nella parte inferiore, di due versi
latini dipinti all’interno di un cartiglio sorretto da due angioletti, che recitano: Hic cum prole pia castam
venerare parentem / et de sincero pectore funde rosas. Si tratta di un distico elegiaco (l’unione di un
esametro e di un pentametro) che contiene un invito rivolto ai fedeli: “Qui venera la casta Madra col pio
Figlio e con cuore sincero spargi rose (ovvero “recita rosari”). Manca la firma dell’autore, ma versi latini
analoghi compaiono in alcuni dipinti di Pasquale Richi di Montereale (AQ), quasi un sigillo apposto da
questo pittore-poeta alle sue opere di contenuto sacro, in cui si riscontrano i caratteri stilistici tipici della
pittura aquilana della seconda metà del Cinquecento influenzata dai modi raffaelleschi di Pompeo
Cesura, di cui il Richi è considerato allievo. L’attività del pittore si svolse prevalentemente nell’Aquilano
(Filetto, Capitignano, entrambe frazioni dell’Aquila) e in provincia di Teramo (Cerqueto, Canzano,
Tossicia), anche se ritroviamo un suo quadro perfino in Basilicata, nella chiesa di S. Agostino di
Montescaglioso (prov. di Matera), a testimonianza di una qualche notorietà anche fuori dell’ambito
regionale. Tutti i dipinti del Richi sono posteriori al 1581, anno di esecuzione della Madonna del Rosario
di Villalago, per cui questa risulta la sua più antica opera conosciuta.
Dott. Sergio Caranfa